Efficienza energetica, economia circolare, elettrificazione dei processi produttivi, cattura della CO2, combustibili low carbon e idrogeno. Sono le soluzioni più promettenti per abbattere le emissioni dei settori energivori. Non tutte sono ancora pronte all’uso perché tecnologicamente ancora non mature. Il loro sviluppo nei prossimi anni e decenni potrà essere un vero game changer.
Per azzerare entro il 2050 le emissioni di CO2 dei settori industriali ad alta intensità energetica bisognerà attivare una serie di distinte leve tecnologiche, ognuna ugualmente importante: efficienza energetica, economia circolare, elettrificazione dei processi produttivi, cattura della CO2, combustibili low carbon e idrogeno.
Interconnector Energy Italia ha analizzato in dettaglio l’impiego di queste leve tecnologiche, in un importante studio redatto in collaborazione con Boston Consulting Group Italia.
Una delle prime leve immediatamente attivabili è l’efficientamento dei processi industriali: utilizzare meno energia a parità di produzione. Nel giro di un decennio il miglioramento dell’efficienza dei processi, se applicato su vasta scala, potrebbe ridurre le emissioni di CO2 delle imprese energivore di 3 tonnellate al 2030, riduzione che salirebbe a 4 tonnellate al 2050, quasi l’8% del totale.
Un contributo inferiore, ma comunque significativo, può arrivare dall’utilizzo di combustibili a basse emissioni, come biodiesel o gas naturale, e dalla spinta dell’economia circolare, ambito nel quale l’Italia già eccelle e dove anno dopo anno vengono compiuti progressi.
Queste tre leve tradizionali consentiranno di traghettare i settori di Acciaio, Carta, Cemento, Ceramica, Chimica, Fonderie e Vetro verso una seconda fase, dove sarà possibile adottare tecnologie al momento non pienamente mature ma potenzialmente decisive per completare la transizione ecologica di questi settori industriali. Tra queste l’elettrificazione dei processi produttivi, l’utilizzo di combustibili quali l’idrogeno verde e la cattura del diossido di carbonio.
Alcuni esempi: lo sviluppo di forni elettrici è utile per decarbonizzare alcune tappe produttive di vetro, ceramica e acciaio. La loro introduzione richiede però una revisione dei processi di fabbricazione ed è, allo stato attuale, troppo onerosa per essere sostenibile economicamente.
L’idrogeno verde – l’idrogeno cioè la cui produzione parte da energia prodotta da fonti rinnovabili, impiegate poi negli elettrolizzatori che scindono la molecola dell’acqua separando gli atomi di idrogeno dall’atomo di ossigeno – potrebbe sostituire il metano in molti processi industriali. Per esempio, l’idrogeno potrebbe essere impiegato negli impianti per la fusione del vetro o per la produzione dell’acciaio, abbattendo di 19 tonnellate di CO2 le emissioni degli energivori, ossia quasi il 40% delle attuali emissioni.
Altra soluzione promettente ma ancora non pienamente matura è la cattura, stoccaggio e riutilizzo del diossido di carbonio (in inglese CCS, Carbon Capture and Sequestration). L’idea di catturare la CO2 non è nuova – le prime sperimentazioni risalgono al 1977 – ma solo negli ultimi anni si è iniziato a conseguire dei risultati concreti, scalabili. Risultati indispensabili per contribuire ad abbattere le emissioni: la tecnologia CCS, applicata ai settori energivori di Acciaio, Chimica, Ceramica, Carta, Vetro, Cemento e Fonderie potrebbero ridurre di ulteriori 20 tonnellate le emissioni di CO2.
La adozione di queste leve tecnologiche avanzate non sarà immediata. È necessario un adeguato contesto normativo e finanziario che ne faciliti l’adozione e non sia penalizzante per tutti gli attori delle filiere coinvolte.