La transizione verde è una sfida epocale. Per vincerla occorre un patto fra Stato e imprese. Dal fondo per la decarbonizzazione agli incentivi alla ricerca, dall’energia rinnovabile al sostegno alla domanda responsabile: un elenco di interventi necessari.
Da tempo, l’industria italiana è impegnata in un processo di progressiva riduzione della propria impronta carbonica. Oggi, grazie all’avvento di nuove tecnologie, la nascita di un ministero dedicato e l’afflusso di ingenti risorse provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la transizione ecologica del settore secondario può progredire con ulteriore spinta.
Affinché questo avvenga, serve però una importante combinazione di investimenti privati e pubblici. Senza la somma di investimenti pubblici e privati il world wide web – la rete – non sarebbe mai nata, e con essa le più grandi aziende del ventunesimo secolo: da Amazon a Apple, da Google a Microsoft.
Per essere velocemente implementata, la transizione ecologica esigerà un impegno economico comparabile a quello che ha sostenuto la rivoluzione digitale a cui abbiamo assistito a partire dall’inizio degli anni novanta. Questo è particolarmente vero per le imprese ad alta intensità energetica.
Un impegno finanziario importantissimo, che se non adeguatamente supportato rischia di rallentare filiere responsabili di 700 mila posti di lavoro e del 5% della ricchezza nazionale. Che chiedono perciò di essere accompagnate in un percorso a lungo termine verso la sostenibilità.
Alcuni interventi sono necessari e realizzabili già oggi. Va anzitutto salvaguardato e rinsaldato il regime di interrompibilità in base al quale le aziende accettano interruzioni nelle forniture di energia nei momenti di picco di domanda e in cambio ricevono uno sconto in bolletta.
Andrebbero poi estese ai settori ad alto consumo di gas le norme di sostegno già previste per quelli energivori. A favore di entrambi dovrebbe esser anche rafforzato lo strumento dei certificati bianchi, titoli negoziabili che certificano il successo di progetti di efficienza energetica.
Più a lungo termine serviranno misure strutturali. Anzitutto, è necessaria la creazione di fondi nazionali ed europei dedicati alla decarbonizzazione dell’industria di base a cui far accedere i progetti certificati da un ente terzo.
Va inoltre facilitato l’accesso all’energia verde a costi competitivi. Un obiettivo da perseguire con incentivi all’innovazione tecnologica, all’affermazione di accordi contrattuali innovativi e alla domanda di prodotti sostenibili.
Sotto il primo aspetto il supporto pubblico alla ricerca e sviluppo è cruciale per rendere economicamente sostenibili soluzioni promettenti come la cattura e stoccaggio di anidride carbonica o gli impianti a idrogeno verde (cioè idrogeno prodotto da fonti rinnovabili).
In secondo luogo, va semplificata e protetta con un fondo pubblico dalle oscillazioni del prezzo di riferimento dell’energia (Pun) la stipula di power purchase agreement (Ppa), contratti che assicurano alle imprese forniture di energia verde a lungo termine e a costi predefiniti.
Occorre infine azionare la leva di mercato, stimolando la domanda di prodotti verdi per esempio con campagne di comunicazione, obblighi di acquisto per pubblica amministrazione e grandi aziende, sconti e defiscalizzazioni per i consumatori privati.