Per azzerare le emissioni di CO2 degli energivori occorre investire su soluzioni innovative. Biogas e idrogeno verde sono indispensabili, ma bisogna aumentarne in fretta la produzione. Benché non ancora pienamente sviluppata, la cattura dell’anidride carbonica è una leva tecnologica molto promettente.
Presto Lamborghini andrà a biogas. Dal 2023 la fabbrica emiliana delle supercar sarà alimentata da carburante ottenuto dalle biomasse agricole. La conversione consentirà di ridurre la produzione di CO2 dell’80%: 11mila tonnellate di anidride carbonica in meno emesse nella atmosfera.
Anche le imprese energivore potrebbero seguire la strada di Lamborghini. Secondo lo studio realizzato da Bcg con Interconnector Energy Italia, il biometano ha alcune caratteristiche che lo rendono una soluzione molto promettente per la decarbonizzazione dei settori hard to abate.
Anzitutto, non richiede modifiche agli impianti, è pronto all’uso. La materia prima è poi facilmente reperibile, integrando industria e agricoltura. Infine, il biogas consente di ridurre le emissioni legate ai processi produttivi di carta, ceramica, vetro e acciaio.
In Italia si produce ancora troppo poco biogas, solo 300 milioni di metri cubi. La produzione potenziale è invece stimata fra gli 8 e i 13 miliardi di metri cubi, a fronte di un fabbisogno dell’industria energivora calcolato in 2,5 miliardi di metri cubi.
Gli incentivi all’uso del biometano, oggi previsti solo nel settore dei trasporti, dovrebbero quindi essere estesi.
Venendo ad una altra importante leva di decarbonizzazione, l’idrogeno verde (l’idrogeno prodotto utilizzando le energie rinnovabili per l’elettrolisi della molecola dell’acqua) questi al momento rappresenta solo il 4% della produzione mondiale.
Secondo le previsioni della Commissione Europea, il prezzo dell’idrogeno verde dovrebbe diventare sempre più competitivo nei prossimi anni.
Qualche progetto, in realtà, è già in rampa di lancio. Di recente, per esempio, Snam ha siglato un accordo con il gruppo Iris Ceramica per lo studio e lo sviluppo della prima fabbrica ceramica al mondo alimentata ad idrogeno verde, che sorgerà a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia.
All’inizio l’impianto sarà alimentato con un blend di idrogeno verde e gas naturale, ma gradualmente la quota del primo combustibile aumenterà.
Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) il governo italiano ha stanziato 3,2 miliardi di euro per l’idrogeno, 2 dei quali destinati alla riconversione degli stabilimenti energivori.
Una ulteriore leva tecnologica per mitigare le emissioni prodotte dai settori energivori è la CCS (Carbon Capture and Sequestration), la cattura e stoccaggio del diossido di carbonio.
Si tratta di processi chimici che consentono di liquefare la CO2 per poi stoccarla in giacimenti esausti. Secondo l’AIE – l’Agenzia Internazionale dell’Energia, la CCS è indispensabile per decarbonizzare filiere di acciaio, carta, cemento e fertilizzanti, oltre che per aumentare velocemente la quantità di idrogeno disponibile.
Nel mondo, secondo le più recenti stime del think tank Global CCS Institute, sono attivi 27 impianti di cattura dell’anidride carbonica, capaci di catturare lo scorso anno 40 milioni di tonnellate di CO2. Una cifra in aumento del 33% annuo, ma ancora minuscola se comparata ai 51 miliardi di tonnellate di CO2 immessi nell’atmosfera ogni anno. Altri 108 progetti sono in via di sviluppo: tra questi, Eni punta a creare un sistema di cattura e stoccaggio della CO2 al largo delle coste di Ravenna.
Ancora una volta, aumentare la scala e la capillarità di queste tecnologie è un imperativo se si vogliono centrare gli obiettivi della Transizione Ecologica. Solo una azione congiunta e un potenziamento delle distinte leve tecnologiche attualmente disponibili consentirà la decarbonizzazione dei settori energivori.